Uno sguardo veneto sulla Liturgia, musica e arte sacra, le attualità romane e le novità dalle terre della Serenissima.
Sul solco della continuità alla luce della Tradizione.

Splendori berici: l'altare nell'armadio




di Vittorio Bolcato per Il Giornale di Vicenza  
Tra gli innumerevoli usi del Salone della Ragione, in Basilica palladiana, ce n'è stato uno sacro. C'era un altare per celebrare la messa in Basilica, documentato a fine Cinquecento. Nel “Regestum possessionum comunis Vincencie” (1262) si legge che col prospetto principale verso il duomo c'era il Palatium vetus Communis Vincentiae, sede della Camera degli Anziani e di una Cappella dedicata a S. Vincenzo e vi si amministrava la giustizia. Accanto c'era il Palatium Communis con il Salone dei Quattrocento. Confinavano con il Palatium Communis il palazzo e la torre della famiglia Bissari, acquistati dalla Comunità per la residenza del Podestà e per le campane del Comune. Nel 1236 Federico II incendiò gli edifici del Comune che furono ricostruiti nel 1262; fu ricostruita pure la cappella. Tra il 1449 e il 1460 furono eseguiti interventi radicali degli edifici, abbattendo anche la cappella di S. Vincenzo, che furono unificati in un grande vano: il Palazzo della Ragione. Per secoli questo “contenitore” fu il centro della vita pubblica di Vicenza: era la sede dei Tribunali, del “Consiglio grande, detto dei Cinquecento” e dei notai, che ricevevano i clienti nei loro “banchi” sistemati lungo il perimetro del salone. All'occorrenza veniva trasformato anche in teatro e in sala da ballo. In un teatro ligneo, costruito dal Palladio all'interno del salone, gli Accademici Olimpici vi recitarono l'Amor costante di Piccolomini (1561) e la Sofonisba di G.G. Trissino (1562). Per l'inaugurazione del teatro Olimpico (1585) il Capitanio Alvise Mocenigo diede nel salone una grandiosa festa da ballo, alla quale intervennero più di 500 dame. Solo nel 1581 la Comunità di Vicenza deliberava di costruire nel Palazzo della Ragione un altare per celebrare le liturgie in onore del patrono S. Vincenzo. Nonostante che dal 1387 fosse officiata la chiesa dedicata a S. Vincenzo eretta nel “Peronio”, la Comunità “ha voluto conservare il costume antico di celebrare la solennità nel detto Palazzo, e non nella Chiesa di detto s. martire perché la prima Cappella fabbricata ad onor del medesimo fu fondata nel Palazzo Forense Vecchio, e così questa Città ha voluto conservare il costume antico”. Marco Boschini (I gioieli pittoreschi...della città di Vicenza, Venezia, 1676) così descrive l'altare: Sala grande del Palazzo, ove si trattano le cause civili. Evvi un'armaro chiuso, che si apre una volta all'anno il giorno di S. Vincenzo dentro di cui vi stà un quadro, sopra il quale v'è dipinto S. Vincenzo, e quando s'apre il detto armaro vi si celebra una messa; assistendovi i Rettori, e tutti i Rappresentanti publici, & il Clero: e la detta Pittura è di mano di Alessandro Maganza. Il dipinto, con i santi Vincenzo e Marco che presentano Vicenza alla Madonna col Bambino, è ora collocato nella quarta cappella a destra della cattedrale. Nella descrizione dell'altare il Boschini precisa che un altro dipinto “in meza luna” del Maganza con la Vergine Annunciata era posto sopra l'altare. Giuseppe Dian, nelle sue “Cronache della Cattedrale” aggiunse altri particolari: “Nel salone della Basilica di Piazza un tempo l'altare era stabile, e collocato al punto che presentemente è la seconda fenestra verso la Pescaria dalla parte di mattina, ma essendosi restaurato nell'anno 1796 detto salone fu levato detto altare per costruirvi la fenestra, perciò per l'annua funzione si erigeva un altare mobile in capo all'indicato salone”. Dal 1816, essendo che in quell'anno per la grave carestia si erano ammassate nel salone grandi quantità di granaglie acquistate dal Comune da distribuire ai poveri, per ordine del vescovo Peruzzi la celebrazione della festa fu trasferita in duomo. Nella parete del salone verso la Piazzetta Palladio vi sono quattro grandi finestre. L'altare occupava l'intero spazio della seconda finestra a destra che verosimilmente era stata tamponata. L'adattamento dell'originaria finestra a sesto acuto all'altare-armadio cinquecentesco è percepibile osservando la tessitura dei mattoni che incorniciava l'altare con un arco a tutto sesto perfettamente concentrico alla cornice della tela dipinta da Alessandro Maganza.



Una possibile ricostruzione dell'altare nel Salone della Ragione.

                                                                         

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